Survival Underground

[Shatzy_] Madyson Cooper

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Shatzy_
view post Posted on 6/10/2015, 18:53




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Madyson Cooper
Mad

168cmx52kg ◄► Occhi Azzurri ◄► Capelli Castano Scuro ◄► Caucasica◄► 28 anni



PROVENIENZA


Data di nascita: 25.12.2005
Luogo di nascita: Philadelphia, Pennsylvania
Luogo di provenienza: Detroit, Michigan
Professione precedente: Studente

Stato civile:Nubile
Stazione di residenza: Fort Totten
Professione attuale: Ricognitore

ASPETTO CARATTERIALE


A guardarla dal di fuori sembrerebbe il classico cuor contento. Con una finta corazza di menefreghismo che nasconde invece un animo più sensibile e permaloso che la catastrofe le ha insegnato a mostrare solo alle persone con cui stringe un legame più intimo. Non di rado la si può sorprendere in solitudine persa in qualche riflessione prima di indossare la maschera e buttarsi tra gli altri tentando di calarsi nella parte della compagnona allegra.

STATUS FISICO


Costituzione: normale
Gruppo Sanguigno: AB
Stato Clinico: sano
Fobie: nessuna

Segni Particolari Graffi di lieve entità su braccia e gambe





CONOSCENZE


►Armi da fuoco (pistole)
►Furtività
►Sopravvivenza

INCOMPETENZE


►Cucina
►Diplomazia
►Scarse conoscenze tecniche

OSTILITA' ED ANOMALIE CONOSCIUTE


Alato; snout; tetro; spore; tempesta di fulmini; pioggia nera

EQUIPAGGIAMENTO


Vestiario pesante adatto alla superficie, torcia elettrica, zaino, mascherina, respiratore, borraccia, binocolo visione diurna e notturna, accendino, coltellino svizzero, corda

ARSENALE


► Pistola 9mm
► Pistola 45mm
► Pugnale



BACKGROUND



La mia vita è stata un dannatissimo casino fin dalla nascita, da quando la donna che mi ha ospitato nel suo utero mi ha dato alla luce, in un ospedale di Philadelphia, dopo aver firmato scartoffie varie in cui dichiarava la mia adottabilità scegliendo di restare anonima.

Ho girato diverse famiglie, altrettante case-famiglia, visitato con occhi di bambina diverse città prima di arrivare a Ditroit. Consegnata come un pacco agli Smith di Pittsburg con cui sono rimasta poco più di due anni prima che al signor Smith venisse un esaurimento nervoso per la perdita del lavoro e la famiglia fosse considerata non più idonea. Giusto il tempo di iniziare a camminare e pronunciare qualche parola che una nuova signorina dei servizi sociali, con il vestito blu, mi prelevasse per mettermi in stallo in un istituto di Cleveland. Poi è stata la volta dei Mason a Indianapolis. Avevo 6 anni ed appena iniziato ad andare a scuola quando mi vennero a prendere per portarmi in un nuovo istituto di Chicago. Questa volta, però, ero stata io a non essere considerata idonea per quella famiglia. Probabilmente ad Elizabeth, loro figlia naturale, non devono essere piaciute le lucertole che le portavo in regalo, e le infilavo nel letto, o la gomma da masticare appiccicata tra i capelli e qualche altra attenzione dettata dal cuore.

Quando arrivai dai Miller ricordo che c’era zio Samuel ad aspettarmi sulla porta, quella fu l’unica occasione in cui lo vidi vestito in modo quasi elegante ed ordinato con i capelli tirati indietro e lucidi. Margareth e Jonathan erano dentro casa a sistemare le ultime cose, mentre nonno Ben si dondolava su una sedia in salotto. L’ambiente profumava di buono, la luce era calda ed io ebbi come la sensazione di essere finalmente arrivata a casa. C’era un altalena sul retro, lì da chissà quanti anni, su cui Jonathan mi faceva dondolare. Samuel invece insisteva ad insegnarmi a giocare a baseball fino al giorno in cui, per sbaglio, non colpii la palla che andò dritta a finire sulle sue. E mentre Margareth cercava di insegnarmi a fare i biscotti, era nonno Ben a distrarmi con i suoi racconti sulla guerra in cui nominava spesso il bunker che ci ospitò per più di un mese, forse due. Sembravano racconti surreali di un vecchio che viveva nel suo mondo.


I ricordi degli attimi appena prima che tutto accadesse sono sbiaditi e confusi, aggrovigliati nel panico di due mani che mi afferrano e trascinano, nella voce agitata di zio Samuel che continua a ripetere ”Non c’è tempo”. Non c’è stato effettivamente tempo per agguantare qualcosa e portarlo con me, non c’è stato tempo per chiedere dove fossero Jon e Mag. Nonostante le urla ed i miei tentativi di divincolarmi da quella presa forte e salda, ricordo la schiena di zio Samuel e la discesa ripida e veloce dalle scale, la porta che si chiude con un tonfo alle nostre spalle, l’altalena che oscillava mossa dal vento e quella specie di botola interrata nel cortile dentro cui mi ha quasi lanciato richiudendo le porte bloccandole. Per qualche attimo ho pensato che fosse uno dei suoi stupidi scherzi, ma non appena ho incrociato lo sguardo di nonno Ben oltre una seconda porta in metallo..
Non ho più rivisto Jonathan e Margareth, i miei genitori.

Le ore erano infinite all’interno di quello spazio troppo piccolo per tre persone, Samuel cercava di tenerne il conto e calcolare i giorni. C’erano altissimi e lunghi scaffali strapieni di scatolette varie ed una quantità infinita di bottigliette d’acqua. il tutto veniva razionato e controllato da nonno Ben che mi obbligava a leggere a voce alta “Il Vecchio e il Mare”e riviste sulla pesca dalle pagine ormai logore.
A ripensarci oggi mi sorprende per come siamo riusciti a sopravvivere senza cercare di soffocarci nel sonno.

Nonno Ben era preparato. Il giorno in cui uscimmo da quel buco fetido, avevamo anche le maschere antigas, torce, e tutto il necessario per un giro di perlustrazione in cui non fu difficile rendersi conto che di ciò che conoscevamo.. rimase ben poco.
Non avevo mai visto così tanta neve in vita mia.. Ovunque mi voltassi a guardare c’era solo quello. Neve e macerie coperte da neve. Zio Sam diceva che, in un certo senso, era una fortuna. Che avremmo potuto individuare qualche traccia su quella distesa bianca. Nonno Ben era riuscito a recuperare una cartina di quelle che teneva in macchina per le gite della domenica e fu d’aiuto nel tentare di ricordare dove si trovasse cosa.
I periodi in superficie non erano mai troppo lunghi, e solo dopo diversi giorni riuscimmo a trovare un altro gruppo di sopravvissuti a cui unirci prima di essere costretti a spostarci.

Inizialmente seguimmo la costa, era il metodo migliore secondo il gruppo di anziani e strateghi. Molto spesso i ripari erano di fortuna, ma più di frequente George, un tizio che prima si occupava di scarichi e merda, per lo più, ci guidava attraverso la rete fognaria. In una di quelle occasioni, mentre accompagnavo un piccolo gruppo nella ricerca di un loculo in cui sistemarci all’asciutto, ci trovammo davanti a quello che sembrava essere un prato di funghi.. verdi. John, un ragazzo che avrà avuto poco meno di trent’anni, ebbe l’ardire di avvicinarsi e tentare di cogliere quegli affari che, per quanto ne poteva sapere, avrebbero potuto essere commestibili. Non appena toccò uno di quei funghi, venne smentito. La mano gli si gonfiò così tanto che sembrava uno zampone di maiale e qualcuno aveva addirittura proposto di amputargliela mentre il poverino era in preda a vaneggiamenti forse dati dalla febbre. A spese di John, imparammo che era meglio stare lontani dalle cose verdi.

Non so con quale fortuna riuscimmo a raggiungere Pittsburgh, o quello che ne restava. Il gruppo si era sfoltito rispetto alla partenza e per nuovi disperati che si univano, altri se ne andavano in modo definitivo senza possibilità di ritorno.Come quando durante un uscita diurna, mentre eravamo alla ricerca di cibo o qualsiasi altra cosa utile alla sopravvivenza, calarono dall’alto due enormi pipistrelli, o sembravano qualcosa che poteva somigliargli. Agganciarono due di noi e se li portarono via in volo. Dopo questo episodio zio Samuel iniziò a spiegarmi come funzionano le armi da fuoco, come utilizzarle e come prendermene cura. Conoscenze che lui aveva appreso in tempi non sospetti dallo stesso Ben.

Riuscimmo anche a trovare una vera e propria colonia di sopravvissuti, sembrava un’isola felice. Samuel riuscì addirittura a trovarsi la ragazza, non mi piaceva particolarmente quella donna ed ammetto di non aver sofferto il suo non ritorno da una spedizione in superficie. Non so quanto tempo sia durato quel paradiso prima che una specie di animale con il muso simile ad un formichiere, la stazza di un uomo, e l’indole da volte nel pollaio, decimò l’allevamento. i pochi animali rimasti non bastavano e diversi restarono feriti trovando la morte per mano di Will. Il lato positivo è che mangiammo parecchio in quei giorni, quello negativo furono i diverbi e la decisione di ripartire.

Non so quante altre città passammo, dove ci fermammo e per quanto. Nonno Ben, nonostante l’età ha tenuto duro e l’ho visto sgambettare come un corridore professionista quando i fulmini piombavano con forza a terra. Certo, per tutti fu necessario un cambio di mutande, o almeno per chi le portava. Abbiamo incontrato altri esseri lungo il cammino, in questi anni, qualcuno vociferava che fossero demoni piombati sulla terra vaneggiando sul giorno del giudizio o qualche altra stronzata simile. Altri parlavano di mutazioni genetiche e che così, come quella cosa alta due metri dalle braccia lunghe e dalle mani appuntite, ci saremmo diventati tutti prima o poi. Magari dopo essere stati in superficie per troppo tempo, oppure dopo aver preso troppa di quella pioggia acida dove o sei lesto a muovere il culo, o ti fai male.

Mi è sempre andata bene in questi anni. Di mutande ne ho cambiate parecchie, braccia e gambe sono una mappa di graffi di cui non mi lamento.
Sono ancora viva.










Prestavolto: Zooey Deschanel

Gruppo di partenza: Medical Center - Gallerie

ROLE ATTIVE


Union Station Journey to the Capitol

NOME stazione TITOLO ROLE

ROLE CONCLUSE


Medical Center Inside Out

NOME stazione TITOLO ROLE




Edited by Shatzy_ - 8/12/2015, 23:56
 
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view post Posted on 3/11/2015, 13:11
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view post Posted on 5/11/2015, 08:53
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TESTO



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TESTO

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Edited by -Quokka- - 6/11/2015, 21:04
 
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